Il momento piu’ difficile e piu’
forte da sostenere del viaggio è sicuramente il ritorno. Già un
viaggio in cui sai che ci sarà un ritorno è un viaggio molto
diverso da un viaggio senza biglietto d’aereo “destinazione
casa”. Di gente che girava così per il Brasile, senza una meta,
senza una casa, senza una fine, ne ho incontrata tanta. Gente anche
giovane, ma in giro c’è un po’ di tutto, con quella luce negli
occhi, quello sguardo un po’sfottente, che alcuni possono
considerare ingenuo, ma che ingenuo non è, e che ti comunica: “sto
viaggiando senza un perché, perché questa è la mia casa, il mondo,
e perché ho l’età giusta (immaginate un’età qualsiasi, magari
la vostra) per iniziare a conoscerlo questo mondo, per capire quali
sono i suoi punti deboli, per cavar fuori la vita dagli angoli, e tu
che mi guardi sai meglio di me a cosa mi riferisco”.
Io invece in questo viaggio ero a metà.
A metà tra il turista che dice “un mese è abbastanza che non ho
tempo” e il viaggiatore vero che dice “il tempo non esiste, è
tutto nella nostra testa, e il tempo che impieghi a viaggiare è il
vero tempo con l’oro in bocca”. Tre mesi mi sembravano tanti, e
sono stati abbastanza, ma non del tutto sufficienti per considerarmi
un vero viaggiatore. Perché come dice la canzone “Il viaggiatore
viaggia solo, e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perché
di mestiere ha scelto il mestiere di vento” (Mercanti di liquore
– Il viaggiatore)
Io avevo questa data, il 28 settembre,
nella mia testa. Un giorno come tanti altri che però era diventata
un qualcosa di vivo, qualcosa che mi parlava e mi diceva”Sto
arrivando, preparati, perché quando arriverò sarà l’inizio di
tutto un altro viaggio”. Ho capito che la vacanza è vacanza e che
il viaggio è viaggio proprio da questa consapevolezza. Quella che ti
fa capire che non è che uno parte e diventa improvvisamente
viaggiatore. Uno viaggiatore lo è sempre. Anche un uomo o una donna
che lavorano in ufficio per 8/9ore al giorno tutti i giorni per anni
e anni, tranne quelle misere due “settimanine” di mare o di
montagna a Luglio o ad Agosto, in realtà sta intraprendendo un
viaggio, anche se probabilmente non se ne rende conto.
Sarebbe bello che quelli di noi che
sentono di stare dentro ad una routine noiosa e trita e ritrita si
fermino a pensare a questo ogni tanto. Questo genere di pensiero
relativizza i problemi quotidiani di ogni genere. Siamo tutti in un
viaggio. A volte questo viaggio assume delle fattezze di vita piatta
e vuota, ma a volte il viaggio prende una piega che non ci
aspettavamo. Succede qualcosa e siamo chiamati a tirare fuori tutte
le nostre risorse per capire che sentiero dobbiamo prendere. Perchè, anche se seguire il sentiero è facile, bisogna rimanere concentrati, che magari poi pensi di aver seguito un percorso battuto e poi ti ritrovi perso nel nulla perchè non ti eri accorto di un bivio, e tornare indietro e ritrovare il sentiero non sempre è facile. (tratto da una storia vera successa in questo viaggio sulle montagne della Chapada Diamantina)
Così dopo essere stato immerso
nell’energia e nella natura più sconfinata, dopo essere
entrato in contatto con altre dimensioni di questa realtà, grazie
al fatto che mi sentivo lontano ed in viaggio, sono tornato nella
Grande Città (in questo caso era San Paolo, ma credo che ogni
viaggiatore converrà che potrebbe essere qualsiasi “Grande città”
del mondo). Dopo tanta purezza ed emozioni sublimi, dopo vallate
infinite piene d’acqua pura e cascate, e dopo aver sentito di
essere della stessa sostanza con cui sono fatte tutte le cose, sono
rientrato in contatto con la massa delle persone, gli
abitanti delle città.
Quelli che fanno la coda accalcandosi
in metropolitana, quelli che non si guardano in faccia se non per
giudicare o per insultare, quelli che sono soggetti a tante, troppe influenze
(Smartphone, internet, pubblicità, mode varie ed eventuali,
sentimenti di possessività, competizione, ruoli sociali, ruoli
professionali, rumore di fondo costante, aria irrespirabile, luci al
neon, illuminazione notturna…)e che, senza rendersene troppo conto
cercano di tirare fuori da questa massa di stimoli il meglio che
possono. Cercano di farsi vedere, di spiccare, di farsi o non farsi
notare. Teste tra milioni di teste. Uomini tra milioni di uomini che
dicono “Ci sono anch’io". Un gruppo di
persone di cui, peraltro, io ho sempre fatto parte.
Quando ti ritrovi di nuovo, dopo essere stato da
solo davanti all’universo di stelle, anche tu testa tra le teste e
ti senti attraversare da milioni di energie diverse, da ondate di
sensazioni che non sono le tue, quando ti senti sotto ai riflettori che però illuminano tutti, e
nessuno in particolare, qualcosa dentro di te cambia.
Pensieri che
per mesi non ti hanno neanche attraversato l’anticamera del
cervello ricominciano tranquilli a circolare: “Chissà cosa sta
pensando quello; quello mi ha guardato; ah è uscito il nuovo iphone
5; sono nervoso, perché non mi chiama?; questa cosa
proprio non mi piace; che caldo, potrebbe fare più fresco; che
traffico; sono già in ritardo; non sto facendo niente; devo
muovermi; devo fare; devo comprare; dove ho lasciato le chiavi; non
ho più tempo…”.
Proprio in quel momento, nella
metropolitana affollaissima di San Paolo, ho capito che l’altro
viaggio era iniziato. Per rendermene conto ho dovuto fare un viaggio
di tre mesi. Probabilmente questa consapevolezza così chiara
rientrerà a far parte del mio inconscio e ricomincerò a
preoccuparmi di problemi che in quel momento mi sembreranno
importanti, ma in quel momento, da solo e con
addosso il mio zaino gigante e le ciabatte, tra le macchine della
Grande Città, ho capito che quello di cui ho bisogno, e di cui credo
abbiamo bisogno tutti, in questa vita è ben altro.
Certo,
l’autorealizzazione è importante, e non dobbiamo trascurare
l’importanza dell’essere equilibrati negli aspetti della vita
quotidiana (Amore, Lavoro, Famiglia…in pratica le voci
dell’oroscopo.), ma se continueremo ad essere
scollegati, come di fatto siamo, dal ritmo dettato dalle leggi del
nostro pianeta, e dell’universo, se continueremo a non preoccuparci
della nostra connessione diretta (e non mediata) con il nostro pianeta e con tutti gli esseri viventi intorno a noi, se non ci
preoccuperemo di capire che noi siamo qui per una ragione e che siamo
qui adesso con questo corpo e non con un altro, con questa faccia,
queste mani, e non con altre, milioni e milioni di eventi che hanno portato ad essere esattamente
come siamo, adesso,
(quello spermatozoo tra milioni e
non un altro, quell’assemblaggio di milioni e milioni di cellule
per formare proprio quell’essere e non un altro, proprio quella
storia e quell’esprienza e non un’altra, proprio quelle
relazioni, proprio quei cambiamenti, proprio quella vita e non
un’altra…)
continueremo a pensare di essere soli nel’universo, soli in questo
pianeta, e a vedere la Terra un pianeta solo tra i pianeti, testa tra
le teste, sul quale noi abitiamo per caso, per una qualche
coincidenza fortuita.
E vi assicuro cari miei, con tutto il
bene che vi voglio e con tutto l’amore che ho nello scriverlo:
non è così.
E’ stato un viaggio meraviglioso ed è
stato bellissimo poterlo condividerlo in parte con voi.
Io sono tornato a casa,
arrivato a Milano, a Cadorna, di domenica
mattina sono riuscito a guardarla con occhi diversi. Mi sono piaciuti
i palazzi antichi del centro, la relativa calma e ordine delle sue
strade (rispetto alle Grandi Città come San Paolo o New York è
tutta un’altra storia). Ho pensato che quella che ho sempre visto come una città affollata e caotica è sotto altri punti di vista
una cittadina abbastanza contenuta, con una storia molto antica e con
tanta, tanta energia buona.
Quindi mi sono incamminato verso casa,
ho respirato l’aria della domenica, ho chiuso gli occhi e mi sono
visto di nuovo qui sulla mia barchetta. Ho guardato la mappa e ho
impostato la rotta.
Ci vediamo in porto, o forse meglio in mezzo
all’oceano infinito.
Buon vento
Nessun commento:
Posta un commento