giovedì 11 ottobre 2012

IL RITORNO E' LA PARTENZA


Il momento piu’ difficile e piu’ forte da sostenere del viaggio è sicuramente il ritorno. Già un viaggio in cui sai che ci sarà un ritorno è un viaggio molto diverso da un viaggio senza biglietto d’aereo “destinazione casa”. Di gente che girava così per il Brasile, senza una meta, senza una casa, senza una fine, ne ho incontrata tanta. Gente anche giovane, ma in giro c’è un po’ di tutto, con quella luce negli occhi, quello sguardo un po’sfottente, che alcuni possono considerare ingenuo, ma che ingenuo non è, e che ti comunica: “sto viaggiando senza un perché, perché questa è la mia casa, il mondo, e perché ho l’età giusta (immaginate un’età qualsiasi, magari la vostra) per iniziare a conoscerlo questo mondo, per capire quali sono i suoi punti deboli, per cavar fuori la vita dagli angoli, e tu che mi guardi sai meglio di me a cosa mi riferisco”. 

Io invece in questo viaggio ero a metà. A metà tra il turista che dice “un mese è abbastanza che non ho tempo” e il viaggiatore vero che dice “il tempo non esiste, è tutto nella nostra testa, e il tempo che impieghi a viaggiare è il vero tempo con l’oro in bocca”. Tre mesi mi sembravano tanti, e sono stati abbastanza, ma non del tutto sufficienti per considerarmi un vero viaggiatore. Perché come dice la canzone “Il viaggiatore viaggia solo, e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento” (Mercanti di liquore – Il viaggiatore)

Io avevo questa data, il 28 settembre, nella mia testa. Un giorno come tanti altri che però era diventata un qualcosa di vivo, qualcosa che mi parlava e mi diceva”Sto arrivando, preparati, perché quando arriverò sarà l’inizio di tutto un altro viaggio”. Ho capito che la vacanza è vacanza e che il viaggio è viaggio proprio da questa consapevolezza. Quella che ti fa capire che non è che uno parte e diventa improvvisamente viaggiatore. Uno viaggiatore lo è sempre. Anche un uomo o una donna che lavorano in ufficio per 8/9ore al giorno tutti i giorni per anni e anni, tranne quelle misere due “settimanine” di mare o di montagna a Luglio o ad Agosto, in realtà sta intraprendendo un viaggio, anche se probabilmente non se ne rende conto. 

Sarebbe bello che quelli di noi che sentono di stare dentro ad una routine noiosa e trita e ritrita si fermino a pensare a questo ogni tanto. Questo genere di pensiero relativizza i problemi quotidiani di ogni genere. Siamo tutti in un viaggio. A volte questo viaggio assume delle fattezze di vita piatta e vuota, ma a volte il viaggio prende una piega che non ci aspettavamo. Succede qualcosa e siamo chiamati a tirare fuori tutte le nostre risorse per capire che sentiero dobbiamo prendere. Perchè, anche se seguire il sentiero è facile, bisogna rimanere concentrati, che magari poi pensi di aver seguito un percorso battuto e poi ti ritrovi perso nel nulla perchè non ti eri accorto di un bivio, e tornare indietro e ritrovare il sentiero non sempre è facile. (tratto da una storia vera successa in questo viaggio sulle montagne della Chapada Diamantina)

Così dopo essere stato immerso nell’energia e nella natura più sconfinata, dopo essere entrato in contatto con altre dimensioni di questa realtà, grazie al fatto che mi sentivo lontano ed in viaggio, sono tornato nella Grande Città (in questo caso era San Paolo, ma credo che ogni viaggiatore converrà che potrebbe essere qualsiasi “Grande città” del mondo).  Dopo tanta purezza ed emozioni sublimi, dopo vallate infinite piene d’acqua pura e cascate, e dopo aver sentito di essere della stessa sostanza con cui sono fatte tutte le cose, sono rientrato in contatto con la massa delle persone, gli abitanti delle città. 

Quelli che fanno la coda accalcandosi in metropolitana, quelli che non si guardano in faccia se non per giudicare o per insultare, quelli che sono soggetti a tante, troppe influenze (Smartphone, internet, pubblicità, mode varie ed eventuali, sentimenti di possessività, competizione, ruoli sociali, ruoli professionali, rumore di fondo costante, aria irrespirabile, luci al neon, illuminazione notturna…)e che, senza rendersene troppo conto cercano di tirare fuori da questa massa di stimoli il meglio che possono. Cercano di farsi vedere, di spiccare, di farsi o non farsi notare. Teste tra milioni di teste. Uomini tra milioni di uomini che dicono “Ci sono anch’io". Un gruppo di persone di cui, peraltro, io ho sempre fatto parte.


Quando ti ritrovi di nuovo, dopo essere stato da solo davanti all’universo di stelle, anche tu testa tra le teste e ti senti attraversare da milioni di energie diverse, da ondate di sensazioni che non sono le tue, quando ti senti sotto ai riflettori che però illuminano tutti, e nessuno in particolare, qualcosa dentro di te cambia. 

Pensieri che per mesi non ti hanno neanche attraversato l’anticamera del cervello ricominciano tranquilli a circolare: “Chissà cosa sta pensando quello; quello mi ha guardato; ah è uscito il nuovo iphone 5; sono nervoso, perché non mi chiama?; questa cosa proprio non mi piace; che caldo, potrebbe fare più fresco; che traffico; sono già in ritardo; non sto facendo niente; devo muovermi; devo fare; devo comprare; dove ho lasciato le chiavi; non ho più tempo…”.

Proprio in quel momento, nella metropolitana affollaissima di San Paolo, ho capito che l’altro viaggio era iniziato. Per rendermene conto ho dovuto fare un viaggio di tre mesi. Probabilmente questa consapevolezza così chiara rientrerà a far parte del mio inconscio e ricomincerò a preoccuparmi di problemi che in quel momento mi sembreranno importanti, ma in quel momento, da solo e con addosso il mio zaino gigante e le ciabatte, tra le macchine della Grande Città, ho capito che quello di cui ho bisogno, e di cui credo abbiamo bisogno tutti, in questa vita è ben altro. 

Certo, l’autorealizzazione è importante, e non dobbiamo trascurare l’importanza dell’essere equilibrati negli aspetti della vita quotidiana (Amore, Lavoro, Famiglia…in pratica le voci dell’oroscopo.),  ma se continueremo ad essere scollegati, come di fatto siamo, dal ritmo dettato dalle leggi del nostro pianeta, e dell’universo, se continueremo a non preoccuparci della nostra connessione diretta (e non mediata) con il nostro pianeta e con tutti gli esseri viventi intorno a noi, se non ci preoccuperemo di capire che noi siamo qui per una ragione e che siamo qui adesso con questo corpo e non con un altro, con questa faccia, queste mani, e non con altre, milioni e milioni di eventi che hanno portato ad essere esattamente come siamo, adesso, 

(quello spermatozoo tra milioni e non un altro, quell’assemblaggio di milioni e milioni di cellule per formare proprio quell’essere e non un altro, proprio quella storia e quell’esprienza e non un’altra, proprio quelle relazioni, proprio quei cambiamenti, proprio quella vita e non un’altra…) 

continueremo a pensare di essere soli nel’universo, soli in questo pianeta, e a vedere la Terra un pianeta solo tra i pianeti, testa tra le teste, sul quale noi abitiamo per caso, per una qualche coincidenza fortuita.
E vi assicuro cari miei, con tutto il bene che vi voglio e con tutto l’amore che ho nello scriverlo:

non è così.

E’ stato un viaggio meraviglioso ed è stato bellissimo poterlo condividerlo in parte con voi. 

Io sono tornato a casa,
arrivato a Milano, a Cadorna, di domenica mattina sono riuscito a guardarla con occhi diversi. Mi sono piaciuti i palazzi antichi del centro, la relativa calma e ordine delle sue strade (rispetto alle Grandi Città come San Paolo o New York è tutta un’altra storia). Ho pensato che quella che ho sempre visto come una città affollata e caotica è sotto altri punti di vista una cittadina abbastanza contenuta, con una storia molto antica e con tanta, tanta energia buona.

Quindi mi sono incamminato verso casa, ho respirato l’aria della domenica, ho chiuso gli occhi e mi sono visto di nuovo qui sulla mia barchetta. Ho guardato la mappa e ho impostato la rotta.
Ci vediamo in porto, o forse meglio in mezzo all’oceano infinito.

Buon vento